hello darkness my old friend

..ce ne stavamo fermi immobili, guardando le nuvole e dando loro un nome diverso a seconda delle forme e dei colori, un po' come dei Linus senza coperta, disillusi e stanchi per le troppe estati al caldo di spiagge infinite e assolate, ma sempre senza tramonto, interrotto sul piu' bello dell'aurora boreale dalla pioggia di novembre. Sognavamo quasi tutti quella ragazzina bionda dal nome che faceva un po' ridere..ma quando ci guardava non ridevamo mai...pronunciavamo invece improbabili frasi tratte da canzoni e poesie che speravamo non conoscesse , e invece, puntualmente, inesorabilmente, le sapeva tutte...ma dove cazzo le leggeva? avevano forse i ricchissimi e fascisti genitori un album segreto in cui c'erano le possibili frasi da rivolgere a una figlia corteggiatissima da dei perfetti imbecillotti nerd come noi capaci solo di impennare in bici e rovesciarci addosso a qualche autobus parcheggiato in seconda fila ? fu uno dei tanti segreti che non scoprimmo mai, impegnati quasi tutto il giorno a metterci il gel nei capelli, a non ungere la camicia bianca per andare in calata la sera, e a non farci beccare dai vigli in due sul motorino 50, o a non farci fare la spia da qualche metronotte fuori itinerario mentre fumavamo sigarette strane, che non ci facevano quasi nulla ma solo ogni tanto ci facevano venire fame e voglia di pizze giganti, ma, altro mistero, nessuna voglia di bere coca cola o l'amata seven up... eravamo sul solito bagnasciuga, come al solito in silenzio coperti dal rumore del tramonto..ci accorgemmo in ritardo che il gabbiano ci metteva meno tempo a raggiungere l’orizzonte …ci mettemmo piu tempo a aspettare che l’onda ci lenisse il bruciore del sole sui piedi, e sentivamo distintamente che intorno c’era piu’spazio, meno impronte sulla sabbia, forse piu’nuvole a toglierci finestre di sole meno bronzeo e piu argenteo…un fresco dimenticato ci portava un profumo strano, come di una pagina di calendario bruciata…anzi…dimenticata…la stessa pagina che un complice soffio di vento di maestrale, dolce ma insistente, ci fece sfrecciare davanti, appallottolata e bruciacchiata ai lati…la scritta “agosto" ci fece capire che anche lui era passato, bruciato, sepolto, e che tra un po’sarebbe stato dimenticato, alla pari di quei giugni e di quei lugli da troppo tempo attesi, e in troppo poco tempo tolti dal muro….come d’unisono gettammo la pagina di agosto in mare, come fosse degna sepoltura,come meritano i marinai, in mare, accolti da onde che meglio di sabbia fecero da bara…neanche il tempo fugace di un orazione che intorno si percepiva una presenza, anticipata da ombre , accerchiata da freddo, annunciata da una goccia di pioggia, isolata, ma netta…dentro di noi sapevamo il nome, ma non volevamo pronunciarlo…tutto inutile…lui capiva, lui sapeva che lo sentivamo soffiare il suo fiato sul collo…Il Generale capiva che noi non avevamo piu’difese, ci restava solo l’aggrapparci a ricordi che ancora scottavano…aquiloni, sere infinite e caldissime, urla di bambini distanti, giornate che con un raggio di sole ti svegliano e con un tramonto ti addormentano, nessuna alba vedemmo mai, perche’l'estate le cancella, le annulla con i suoi infiniti pomeriggi, con la sua sabbia immobile, con i suoi profumi forti e offuscati, con le sue serate sudate, con i suoi passaporti per l’ovunque, con le sue mareggiate attese e con le sue notti di stelle cadenti infinite…ma alla fine l’ennesima onda fredda, e l’ennesima goccia di pioggia, e la prima foglia secca ci riportarono alla realta’…il generale Inverno ci aspettava al varco, e l’estate che ricordavamo forte, era ormai solo un impressione…un impressione di quasi settembre...Erano noiosi quei pomeriggi, me lo ricordo come se fosse passato un secolo fa...ce ne stavamo proprio dove la foresta si impiccolisce e sembra un bosco di provincia, o della Provenza..chi con i piedi a mollo nell'acqua fredda ( freddissima) del ruscello..chi fermo immobile a guardare un filo d'erba che secondo lui vedeva crescere, e chi a guardare il cielo, nella maniera in cui Charlie Brown e Linus davano forma e fumetto alle nuvole, prima che un aereo spezzasse il sogno rumoroso e veloce. Non so se qualcuno voleva che accadesse qualcosa, ma credo di no, o forse solo un piccolo Tsunami, tanto da farci scuotere di dosso le ceneri delle sigarette ormai mozziconi senza rossetto. Lontano c'era l'orizzonte ma chi aveva voglia di alzarsi per guardarlo? L'orizzonte c'è dove ci pare, e magari c'era la Cina o il Giappone, che palle..no, meglio stare sdraiati. E aspettare. Era tardi o era presto? Poi qualcuno forse sempre il solito che non ricordo chi fosse, comincio' a immaginare i colori..Per primo spunto'il bianco, forse complice un raggio di sole tra i Tamerici..poi l'idea del verde mise di buon umore tutti quanti...finche'arrivo il giallo, ancora questa Cina maledetta, e poi il porpora su cui ci si immaginava i sogni da bambino di cavallucci marini e dondoli al parco giochi, ormai chiuso e con le erbacce sopra tutto. Lontano un cane che abbia al tramonto. Il nero nessuno lo nomino' , forse perche' c'è sempre il nero, e che lo nomini a fare? Ma la svolta, la vera e unica svolta di quel pomeriggio diventato sera, di quell'anno buttato in riva al fiume senza pescare neanche una trota..la svolta dicevo, lo Tsunami pensato e non espresso, l'utopia del non vuoto, arrivo' all'improvviso come Babbo natale quando da piccino stai per crollare di sonno sopra la capannuccia...ed era bellissimo: un azzurro mare , oceano, che dapprima si stacco'dal cielo e poi si precipito' in un lampo verso il ruscello...io lo vidi e fui fortunato..anche se per anni mi dissero che stavo solo sognando, o chissa'che avevo visto...ma lo vidi signor giudice, e potrei giurarlo su questa bibbia se solo un altro po' di Gin Tonic mi sciaquasse la gola...e la memoria. Ma era lui, un azzurro sotterraneo che mi guardo' , e poi si inabisso'...io c'ero, e ne sono certo. Anche se mi prendono per matto i miei nipotini, ogni volta che li porto nel bosco, e non c'è mai la radura...eppure mi ricordavo perfettamente la strada per arrivarci...dritto, fino al mattino. Era proprio li' che vidi l'azzurro sotterraneo...Ragnatele.. Ecco cosa vedevo la notte, ragnatele e il bordo dell' abisso e le ruote del carro che lo sfioravano... Mi svegliavo di colpo e i calmanti e gli ansiolitici per qualche attimo mi regalavano una sensazione di ricordo sospeso, nella quale come giacevo come un bimbo che non vuole uscire nel mondo e resta protetto nel grembo materno... Poi pero' come un colpo di maglio sulla spina dorsale arrivavano tutti insieme, pesantissimi, i ricordi del sogno, o per meglio dire il sogno di un ricordo.. Perche' io non dubito di avere vissuto DAVVERO tutto cio', forse un anno, forse un secolo fa, forse adesso..Le ossa rattrappite, secche, secolari.. Con una vecchiezza ammuffita che somiglia alla caduta del Romano Impero.. Scricchiolante, frantumato, inebetito, ancora estasiato dalla notte e dalla sua sinfonia, e atterrito dalla monotonia abbagliante della luce del giorno, riesco ad alzarmi dal mio sarcofago egizio o rumeno, neanche ricordo le sue fatture e mi metto in piedi, foglia tenue spinta da un vento verso nubi oscure, rarefatte, di un cielo perennemente grigio e mai in secoli cosi' plumbeo.La mattina..Morgenroede, che ha lasciato spazio al Dunkelheit.. Rarefatto, gelido un orizzonte di lapide marmoree che sembrano piegate. Camminavo guardando i miei passi che affondavano in filari di terra arata, e mi scoprii per la prima volta sereno nel non preoccuparmi se la terra fosse sconsacrata o meno..sentivo solo la soffice zolla smossa e per sbaglio , forse un aliseo, forse un ricordo, mi porto' alla mente prima ancora che all'olfatto, prima ancora che alle narici, un profumo di denso mosto selvatico, di acini mangiucchiati e di uva irrisolta, lucida, umida, come una lacrima, e capii' che tutto, ogni mio recondito pensiero fugace, anche quello che alle sinapsi poteva apparire innocuo,alla fine comunque mi riportava sempre sempre alle mie origini, alla mia casata, al mio lignaggio, al mio retaggio maledetto …..strisciamo fuori dal muschio della sera come impauriti dal sonno del letargo...l'erba bagnata un po' spaventa, ma è fresca e meno fredda dell'abbraccio dell'autunno cattivo...lontano un suono di corno arriva rarefatto e distante ancora piu' della sua distanza...lontano, è sera, piu' profonda di questa notte. Lontano non ci aspettano, ma stanno comodi, caldi, avvolti nei loro profumi di Damasco e nei loro fuochi fatui. Il lupo canta verso la luna cattiva che si imbianca di mari del Silenzio...e aspetta...la foresta sussurra il mio nome, e la sua nebbia la avvolge..piano...piano...Nella palude tutto è fermo, immobile, in attesa dell'ascia da guerra che spezzera'un tronco dove passeremo...Dove sei? grida la notte. Dove sei? Non risponde nessuno. La corteccia del legno è secolare, intarsiata, quasi magnetica allo sguardo e soprattutto al tocco. Basta nulla per tagliarsi, per incidere un altra lettera Gaelica vicino ai simboli Celtici che raccontano avventure e violenze per spaventare i bambini attorno al fuoco nordico. Un Menir si muove al vento della tempesta in arrivo...ma la musica è sotterranea e tramite canali segreti si sente fino al margine del bosco...Freddo il laghetto ghiacciato nel cuore della Finlandia, mentre Elfi e Guerrieri aspettano la Valchiria Regina su un Drakkar. E' tutto intorno che parla di quanto freddo ci sia nei cuori di tenebra. E tutto intorno, è arrivato. Inverno. Quando arrivo' l'inzio della fine dell'ultima estate, eravamo fermi su una spiaggia cosparsa di un misto di giornali, vecchi tg, antenne televisive arrugginite e coriandoli di arsenico..ce ne stavamo lenti, appoggiati a un muro secco, che ti faceva sporcare di calcina e polvere se ti appoggiavi troppo..ognuno di noi guardava lontano, penso piu'cercando il profumo della salsedine, piuttosto che la vicinanza degli altri...questa presenza fisica veniva vista piu'come un fastidio, che come un aiuto dalla solitudine, per noi era preferibile l'individualita', piuttosto che la non compagnia...ricordo distintamente che a turno, senza un ordine precostituito, ma con una allegoria alchemica imprevedibile, incastrata come un puzzle, cominciammo a raccontarci le esperienze delle ultime letture estive, che ci avevano accompagnato in questi ultimi lunghissimi quattro mesi e tre ore....chi citava Lovecraft con le Montagne della Luna, chi , quasi deriso e noioso, l'Ulysses, chi infine l'opera piu'misconosciuta di Miller, che scherzando fingevamo di scambiare per Mailer...cosi'ci si trascinava sulla spiaggia, verso l'ultimo anello del tramonto. Ogni tanto la scintilla elettrica dello sguardo con lei, ma svogliato, afono, senza davvero importanza...fu per questi sguardi che la identificai concretamente con la fine dell'estate...come fossero un tutt'uno...e cosi'ogni volta che la guardavo, anche nei freddi pomeriggi di un 31 Febbraio, esclamavo mentalmente, ma cosi'forte che pareva tutti si voltassero: "eccola, è lei...sei tu...tu sei la fine dell'estate..."
Lei mi lanciava un occhiata distratta, identica a quella che io ricordavo e nella quale la identificavo..come se il cambio delle stagioni non significasse nulla..ma io sapevo, io lo sapevo che con il suo improvviso volgere delle spalle a teatro chiuso voleva dirmi:
"si, lo sono....."

(mauro meons, fine estate 2015 )